La vita piena


In questo tempo autunnale, dove il pensiero e la preghiera vanno un po’ di più ai nostri cari, la fede attraverso i testi sacri ci annuncia che il nostro corpo, debole e mortale, che si ammala e invecchia, è destinato alla vita eterna. Il modo in cui noi parliamo della morte, trattiamo i morti, affrontiamo la morte è la prima testimonianza cristiana di fronte a un mondo impaurito e confuso, nichilista e materialista. È una testimonianza sulla santità dei corpi e della vita per la quale siamo stati pensati da Dio. Siamo stati fatti per la vita. Nella quotidiana cronaca di violenze, nelle case e nelle strade, tra le macerie dei bombardamenti e le minacce di guerre totali, la vita sembra non avere valore alcuno. Le risposte date dal Cristianesimo sono state dimenticate. Come il Vangelo vede la vita e la morte è stato perduto da gran parte del mondo. Ci siamo ritrovati più deboli e disorientati di quanto pensavamo e abbiamo bisogno di qualcosa di più. Non sappiamo più chi siamo. Ci vuole una nuova evangelizzazione.
I primi cristiani percorsero le strade del mondo non per proclamare in primo luogo il messaggio dell’amore, ma per dire che Gesù (il Maestro torturato tra risa e bestemmie, umiliato e appeso su una croce) è risorto. Chi crede in quell’Uomo risuscitato percorrerà la sua stessa strada. “Se moriamo con lui, vivremo anche con lui” (2Tim 2,11) Lo seguiremo in spirito e carne. La vita di Dio entra nei corpi, li divinizza: “Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? (1Cor 3,16). La santità del corpo non termina con la morte. Trattiamo i morti con rispetto, li custodiamo nel “Camposanto”.
Questa fede cambia tutto: “Non vi meravigliate di questo; perché l'ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori” (Gv 5,28). Dalla risurrezione è scaturito un cultura fatta di arte, musica e scienza, cioè di attesa di vita piena. È scaturito un sistema morale di cura e solidarietà che rende sacro il mondo, la materia e la vita. Dio ci ha dato non solo l’esistenza ma anche la “vita in abbondanza” (Gv 10,10), vita piena, dunque eterna. Come ci sono due tipi di vita (biologica e spirituale), così ci sono due tipi di morte: quella fisica e quella spirituale. “Il corpo è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale (1Cor 15,43-44). La luce della vita, non vedrà la morte: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv1,4). Non sempre trattiamo i nostri corpi come templi sacri che ospitano Dio; a volte li maltrattiamo o li “adoriamo” come idoli. I nostri corpi sono molto più di quello che pensiamo. Onoriamo i morti perché in essi ha abitato lo Spirito. Il giorno dei morti è anche il giorno dei Santi. Dobbiamo ritornare alle fonti della fede cristiana, ritornare all’essenziale della catechesi: “Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il Giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato: Allora la Chiesa avrà il suo compimento nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo (…) sarà perfettamente ricapitolato in Cristo” (Catechismo Chiesa Cattolica n. 1042). Noi viviamo da materialisti ma in realtà sottovalutano la materia e soprattutto il corpo, che sono il modo in cui Dio agisce per renderci spirituali. Il corpo è il ponte che permette agli altri di conoscerci. Permettono agli altri di vedere qualcosa di Dio in noi, se siamo abitati dallo Spirito Santo. Creato a immagine di Dio, il corpo esprime la profonda verità su chi è Dio. Nella capacità di creare, dare e amare, i corpi rispecchiano un Padre creatore. Questo amore è più forte della morte, come più forte della morte sono i nostri affetti, che continuano anche dopo la dipartita dei nostri cari. Questo tipo di amore è il desiderio più profondo, presente nel cuore di tutti.

 




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