Pane dalla terra e pane dal cielo


Dopo il fatto prodigioso dell’abbondanza e della condivisione, Gesù è di nuovo cercato. La gente vorrebbe come “mangiarlo”; lo vuole tutto e sempre per sé, in modo che l’evento straordinario possa essere ripetuto ogni giorno. Il miracolo la libererebbe così dall’ansia della precarietà e dell’incertezza, e anche dalla fatica del lavoro.
Il bisogno soddisfatto senza fatica però crea dipendenza: è immediato cercare ciò che è fa-cile e rifiutare la strada stretta (Mt. 7,13).
Il desiderio finché riesce, tenta di riprodursi sempre uguale.
Per diventare liberi occorre che ciò che soddisfa nell’immediatezza diventi segno di qual-cosa che sta oltre. L’evento da solo non basta. La gratuità è necessaria per aprirsi alla vita ma se non diventa reciprocità, si rivela sterile.
Gesù rimprovera la folla per la loro “dipendenza”: si è saziata ma non ha colto il segno.
È stato Lui a volere l’evento straordinario perché era necessario a dare inizio alla dinamica della crescita, ma occorre non fermarsi lì.
Il pane deve operato come segno: per questo occorre darsi da fare (“Procuratevi non il pa-ne che perisce…)”. Ciò che colma il bisogno diventa segno quando si trasforma in inter-mediario di una dimensione altra. Bisogno e soddisfacimento immediato si disgiungono, l’evento smette di essere prodigio e diventa vita quotidiana.
Il percorso verso l’età adulta, il lungo cammino dell’autonomia, richiede che le pretese del desiderio subiscano una frattura.
Il cammino educativo è suscitato da un dono gratuito per essere avviato poi alla fatica dell’obbedienza (la forma con cui si realizza la reciprocità nell’educazione. La persona prende coscienza di sé attraverso la gratuità con cui è accettato e amato, mediante un evento di grazia.
La gratificazione istantanea del desiderio chiude la persona nel compiacimento di sé, la grazia invece istituisce un cammino, incalcolabile e imprevedibile, verso orizzonti che stanno ancora e sempre oltre.
L’esuberanza della vita come dono gratuito, ben rappresentato dall’evento straordinario, è “sacramento” : luogo in cui s’incontra il mistero come, in modo analogo, nell’Eucaristia il cristiano riconosce Gesù, rimane in comunione con lui, facendone parte con il tralcio nella vite.
La mediazione dell’educazione trasforma i fatti della vita in segno, ma questi non si compiono senza la decisione della persona.
L’educazione si realizza solo come risposta di libertà, come invito accolto a decidersi a da-re un senso alla vita, a passare dalla gratificazione istantanea dell’evento al giudizio etico che riconosce il valore del vivere. L’immanenza fa segno a ciò che è oltre l’etica (la trascendenza), ma richiede una decisione etica.
La sovrabbondanza della vita (cioè la gratuità) di cui il pane moltiplicato è segno, mette in movimento tutto il percorso; ma dove sia il punto d’arrivo la persona non lo sa se non obbedendo ai segni attraverso cui si scopre attratto e orientato alla trascendenza.
I linguaggi più adatti per coltivare l’attesa religiosa oggi, però, non sembrano i concetti astratti e neppure l’impegno e il senso del dovere, ma piuttosto le occasioni d’incontro, di autenticità, di espressione di sé, cioè le esperienze che confermano la persona e lasciano spazio al m(M)istero.
La sfida culturale non consiste più nella capacità di dare motivazioni fondanti per un impegno coerente nella pratica della fede, ma piuttosto nell’offrire stimoli efficaci nel rilancio quotidiano dell’attesa di Dio.

 




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