Sale per la terra


L’indicazione del Vangelo di questa domenica, che è più di un invito, ma ha piuttosto la forma di una strada obbligata per l’umano, è di essere sale, sale per la terra.
Su usa il sale per insaporire. Nelle lingue antiche sapore e sapere si dicono con la stessa parola.
Il sapere è il sapore della vita. Il sapore è il “sapere” del cibo: la sua storia, la sua cultura, la sua verità (qualità).
La società ipermoderna è immersa nella crisi dei saperi e dei sapori. L’alterazione dei gusti s’intreccia con il condizionamento delle opinioni, l’impoverimento organolettico con il deterioramento delle relazioni, l’inquinamento dei campi con il degrado della politica.
La sensazione d’insoddisfazione per la vita che conduciamo e di manipolazione nella società delle opinioni è sempre più comune. Ci pensa il mercato.
Nel cuore dell’attività industriale si è formata una nuova organizzazione del capitale intorno alla produzione del consumo emozionale, una forma particolare di economia del desiderio, attraverso la “cattura dell’attenzione” (il potere dell’immagine, i nuovi media, la realtà virtuale …). Non si acquistano più oggetti ma esperienze emozionali.
Il potere tecno-commerciale è in possesso non solo dei mezzi di produzione dei beni (le merci), ma anche della rappresentazione del bene: il godimento.
L’estetizzazione dell’economia, mediante tecnologie di controllo (marketing), fabbrica un nuovo tipo di consumatore: il cercatore di sensazioni (sensations seeker). Questa organizzazione e produzione del desiderio diventa però distruzione della coscienza e quindi, paradossalmente del desiderio stesso.
Il desiderio, infatti, si esprime come affetto, linguaggio, coscienza, capacità di relazione, creatività dello spirito, cioè come sensibilità . La “libertà di godimento”, invece, si risolve nel puro piacere della sensorialità.
Il degrado del sapere a pura tecnica, dell’arte come ornamento, del pensiero umano a opinione, porta alla perdita e del sapere e del sapore. La formazione della sensibilità aiuta e ritrovare sapere e sapore.
Non si è ancora riflettuto a sufficienza sulla profonda trasformazione che la nuova organizzazione della “produzione del desiderio” opera sui criteri della scelta, sugli stili di vita, sull’educazione famigliare, sulla coppia e sull’infanzia.
L’arte si specializza attraverso un valore aggiunto di genialità e creatività. Una civiltà che si sforzasse di ridurre la sensibilità a pura sensorialità (la gratificazione istantanea) è una civiltà dove si mangia (anche tanto), dove s'insegue il godimento ma non conosce il piacere del cibo. Il cibo, infatti, ha il sapore della relazione attraverso il quale è passato, dei rapporti che crea, del fatto che lo ricordiamo non solo come piacere immediato ma come gusto che “incorpora” il senso di chi lo ha prodotto, cucinato, presentato, consumato e le relazioni che queste operazioni hanno prodotto. Il cibo "incorpora" una storia raccontata. La differenza tra “mangiare” e “cenare” è che il primo è solo quantitativo (insieme di carboidrati, proteine, grassi, vitamine …) il secondo considera e rende il cibo un intermediario: delle relazioni, dell’intelligenza dei sensi, dell'azione. Nutre il corpo e alimenta l’anima. La sensibilità è capacità di riconoscere il senso nelle cose. G. Bateson lo chiamava la “mente”, l’intelligenza nelle cose.
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