La meraviglia e il giogo


“Hai tenuto nascoste le cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”.
Chi si crede sapiente e fa vanto della sua intelligenza, non sa, non comprende. Gli manca la meraviglia (sa già tutto…) che invece hanno i piccoli. Origine della sapienza, infatti, dice spesso la bibbia è la meraviglia: la contemplazione ammirata dell’immenso, il silenzio assoluto di fronte al sublime. La persona autenticamente intelligente conosce bene solo una cosa: sa di non sapere. Più conosce e più si meraviglia di quanto sconfinata sia la sua non conoscenza. Rimane quindi sempre piccolo, umile, gioiosamente meravigliato.
Questa sapienza è una grande virtù. Appartiene ai doni dello Spirito Santo. E' una intelligenza che rende dotti, appassionati di conoscenza. La stessa passione di Gesù: “che tutti conoscano te!. Sia santificato il tuo nome!”., è la sua preghiera.
Intelligente è chi è sempre pieno di meraviglia o scopre sempre nuovi motivi per sentirsi piccolo e vivere da umile e mite. Trova in questo un’indicibile gioia.
Gesù amava i bambini e li presentava come modello non perché “perfetti” (li osservava per le strade bisticciare, fare capricci, incapaci anche a giocare...) ma perché curiosi, insistenti nel fare continue domande. Curiosi perché capaci di meraviglia. Si impara tanto (come avviene nell’infanzia) solo perché meravigliati.
Gesù insegnava ai discepoli soprattutto a meravigliarsi: dell’infinito dei cieli e del piccolo fiore della terra, della fede della donna malata e dell’obolo di una vedova povera.
Lui stesso è costantemente meravigliato del quotidiano della vita. Sapeva rendere grandi le piccole cose. I vangeli sono quattro brevi libretti (i primi tre anche molto simili) eppure custodiscono piccoli particolari della meraviglia di cui era capace il maestro. Nelle sue parole sono riportati ventinove generi di animali diversi (l’asino, il bue, la pecora, il cammello, il pesce, lo scorpione, il corvo, la volpe, il verme…). Gli elementi della natura (almeno ventitré) sono spesso richiamati come la cornice dei suoi racconti e discorsi: l’acqua, il vento, la tempesta, il sole, la luna... Spesso parla degli oggetti familiari, quelli che si trovano nelle case il tema delle parabole: il vino, il pane, l’olio, il lievito, il profumo, le macine del mulino. Ne sono accennati almeno una trentina. Si accenna a ventinove generi di piante: il grano, la vita, il fico, la paglia, il sicomoro, la menta, l'aneto, il cumino...
Ma come può questo incanto e questa gioia, che danno riposo e ristoro combinarsi con la metafora del giogo? “Prendete il mio giogo sopra di voi”. “Soggiogare” è il verbo dell’umiliazione e del dominio. Come farne una cifra sintetica del Vangelo, che si annuncia come storia di liberazione?
La riposta la conoscono i semplici, gli agricoltori a cui Gesù parlava.
In ogni casa agricola c’era fino poco tempo fa almeno un giogo. Il bue (per i più ricchi) o la mucca (per i più poveri) imparavano a portarlo appena possibile. Questi animali si nutrono di erba, la quale non è sempre disponibile. Ammanta le colline e le valli solo poche volte all’anno. Poi secca o viene il freddo e la neve. Occorre riempire i fienili quando l’erba è disponibile, perché questi animali possano sopravvivere. La grande quantità di fieno richiesto deve esser trasportata dal carro, il quale è trainato mediante il giogo. Con le sole sue mani l’uomo non potrebbe provvedere ai suoi animali. Animali e persone lavorano insieme, per il reciproco vantaggio.
Il giogo quindi è il prezzo della libertà.
Diventa leggero e dolce quanto più alta e autentica è la libertà.
Solo i semplici possono accedere a questo segreto.

 




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