Il bello e il brutto
Le cose più belle, più grandi o anche le più tragiche della nostra vita… noi non riusciamo ad esprimerle con delle parole. Ci prende dentro un’emozione forte e non ci vengono le parole… ci vengono le lacrime. La fede appartiene alle cose belle e grandi della vita. Non ci sono quindi parole per spiegare la fede. È vero che san Pietro dice che dobbiamo sempre essere pronti a dare ragione della speranza che abbiamo, delle cose in cui crediamo. È anche vero che andiamo al catechismo, partecipiamo ai nostri gruppi e cerchiamo di approfondire la fede per essere capaci ad avere le parole giuste per indicare ciò in cui crediamo. Le nostre parole, tuttavia, i nostri pensieri non esauriranno mai la grandezza della fede. Noi diciamo, infatti, che la fede è Grazia, è Dono. Qualcosa che non può venire da noi, anche se tocca a noi accettarla, o possiamo respingerla.
La fede è incontrare Gesù, stare a faccia a faccia con Lui, portando dentro di noi e fare l’esperienza di san Paolo quando dice: «Non sono più io che vivo, ma è Gesù che vive in me”. Parla, pensa, agisce attraverso me.
Davanti a Gesù noi possiamo essere – se il Signore ce lo concede – come Pietro, Giacomo e Giovanni: balbettiamo parole di cui non comprendiamo totalmente il significato: Pietro, infatti, non sapeva quello che diceva. Provava però delle emozioni, incontenibili. Era capace di dire un’unica parola: «Maestro, è bello per noi stare qui». Quando noi incontriamo il Signore, quando veniamo in chiesa o a casa nostra e preghiamo, quando lasciamo che la sua Parola entri in noi, se è avvenuto un vero incontro, anche a noi verrà spontaneo esclamare: “È bello!” La risposta più immediata, più sincera, alla domanda che qualcuno ci potrebbe rivolgere: “Tu perché sei cristiano? perché vai in chiesa?”, noi potremmo semplicemente rispondere: “perché è bello!”. In quella parola c’è tutto. Di più… non saremmo capace di dire.
Il lavoro del maligno, del male organizzato, consiste nel farci vedere ‘bello’ quello che tale non è. Infatti il diavolo è un ingannatore. E riesce a convincerci, spesso, che il peccato è ‘bello’. E quando noi scegliamo strade sbagliate, lo facciamo in realtà perché in quei momenti pensiamo proprio questo: che il peccato sia ‘bello’. Subito dopo la vita, la riflessione, la coscienza ci fa capire la gravità di quell’inganno: il peccato non è ‘bello’!
La conversione del cuore consiste allora in questo: imparare a distinguere il bello dal brutto. Non permettere che qualcuno ci inganni, né autoingannarci sul fascino del male.
Tutto quello che è bello nella nostra vita, invece, ci porta a Gesù. Anche a un bel programma televisivo, vedere un bel film, una bella musica, belle amicizie… Nello stesso tempo, più frequentiamo il Signore, più lo ascoltiamo e ci appassioniamo di Lui, più diventiamo delle belle persone e coltiviamo in noi il gusto del bello.
La Chiesa può diventare il luogo dove si educa al bello, soprattutto attraverso la liturgia, attraverso i luoghi e i tempi; attraverso le cose che esprimono il fascino, l’incanto e la bellezza di Dio.
C’è però un particolare sorprendente in questo brano: «Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno». Possibile? Di fronte a una cosa così bella, che li lasciava senza parole al punto che volevano per sempre stare lì, come è possibile sentire la tentazione del sonno? C’è un mistero in questo sonno, un mistero che, purtroppo, dice la verità nostra: di fronte al bello noi spesso ci distraiamo e chiudiamo gli occhi e preferiamo il brutto. Qual è il motivo di questa pesantezza in noi? Perché chiudiamo gli occhi?
Il Vangelo ci accompagna a capire più in profondità.
Questi stessi discepoli, in un’altra occasione drammatica, hanno chiuso gli occhi: Gesù era davanti alla sua condanna a morte, soffriva e provava angoscia ma i discepoli, gli amici più cari di Gesù avevano sonno! I nostri occhi non vorrebbero mai sopportare ciò che dà angoscia. Vorrebbero chiudersi di fronte al soffrire. Ma il Vangelo ci dice che non c’è bellezza senza la Croce. Che mistero!
La quaresima è un ‘tempo lungo’ perché il nostro spirito è ribelle e queste cose non le vuole sentire… un tempo lungo per poter imparare a fissare la croce e dire con sincerità: “Ecco lì, appeso alla croce, l’uomo più bello che io abbia conosciuto! Ecco lì, su quel legno di vergogna l’immagine trasfigurata della bellezza!”
Ma come fa quell’uomo, svergognato e sfigurato, ad essere bello? Tutto ci ripugna di fronte a quel volto segnato dal sangue, da quella fronte forata dalle spine. E c’è un motivo per cui, lì sulla croce, i cristiani imparano a cogliere il fascino della bellezza: quel legno, quell’uomo sono il segno di un amore smisurato! E per il cristiano ciò che dà bellezza non è il fascino della presenza; non sono i lineamenti più o meno armoniosi del volto; ciò che rende bella la vita, ciò che fa belle le persone è esclusivamente l’amore. È l’amore che ci fa belli! Non la pulsione, non il desiderio… non il fascino dell’esteriorità! Soltanto l’amore, soltanto l’amore che innanzitutto si dà, l’amore che si riceve. Il criterio della nostra bellezza, il criterio che difendiamo e vogliamo annunciare al mondo, è che l’amore rende belli. E che tutto ciò che non è autentico amore, anche quando stimola il desiderio e produce fascino, prima o poi, smaschera l’inganno: era una cosa brutta, era una brutta persona!
Vogliamo educarci a questo nuovo e grande senso del bello; vogliamo imparare a distinguere ciò che vale da ciò che non vale attraverso il criterio della croce: fare solo ciò che viene dall’amore, solo ciò che dà amore!
I nostri occhi di fronte a queste verità sono oppressi dal sonno. Ma il Signore ci tiene svegli, vuole che i suoi discepoli siano attenti e svegli e non si lascino ingannare.
Nell’incontro con lui potrà succedere l’affiorare di una forza segreta, invocata nella preghiera, che plasma dall’interno cuore e anima: “bagna ciò che è arido, piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato”. Pronunciare queste parole nella verità e nella pazienza ti apri a ciò che invochi e in te comincia il lavoro di queste parole.