Rimediare gli errori degli altri


Gesù aveva già detto «Chi vuole essere grande si faccia servo di tutti» (Mc 9,35), ma i discepoli continuano a non comprendere, come appare dalla loro richiesta: «Vogliamo sedere uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Per far comprendere il suo pensiero ai discepoli, Gesù si serve di due paragoni, uno negativo e uno positivo. Non esercitate la vostra autorità come fanno i principi del mondo (paragone negativo): se vi accorgete che il vostro comportamento assomiglia al loro, preoccupatevi. Comportatevi invece come «Il figlio dell’uomo (paragone positivo) che non è venuto a farsi servire, ma a servire e dare la propria vita in riscatto per le moltitudini».
Servire significa organizzare la propria intera esistenza in modo da prendersi a carico delle folle, cioè tutti. «In riscatto» non va intesa anzitutto come se significasse «per saldare il debito», bensì come «solidale con» o «al posto di»: cioè l’idea prevalente non è quella del debito, che deve assolutamente essere pagato, bensì l’idea della solidarietà che intercorre tra il Figlio dell’uomo e le moltitudini.
Nessuno può pretendere di "seguire Gesù" senza ricevere il suo stesso battesimo, senza cioè passare attraverso la sepoltura nella morte, senza condividere il suo "calice" di sofferenza, ponendo la propria fiducia nel Padre, per partecipare alla gloria della risurrezione. Il regno di Cristo non ha nulla in comune con i regni terreni. L’ambizione, la ricerca del potere e degli onori non vi hanno posto. Al contrario, ognuno deve voler essere l’umile servo degli altri.
L’amore è tutto secondo il Vangelo. L’amore però ha due condizioni. La prima è il servizio che comporta la mortificazione dell’Io (non della persona ma della sua arroganza, del suo egocentrismo). Non c’è spazio per l’altro se non rinunci al tuo Io. Puoi anche essere molto generoso e disposto addirittura al martirio (come dichiarano i due discepoli) ma se non fai morire l’Io per seguire Agape (come dice l’inno all’amore di s. Paolo) servi solo il tuo vantaggio. L’io è disposto anche al sacrificio (per esempio per la linea, per la carriera, per l‘immagine) per di essere al centro.
La seconda è ancora più impegnativa: sostituirti all’inadempienza degli altri. Non solo fare la tua parte ma anche quella di chi non fa il suo dovere e trascura il bene di tutti perché pensa solo a sé o perché è inadempiente. È la “sostituzione vicaria” come la chiamava Dietrich Bonhoeffer.
Esigenze e Condizioni sovrumane? No. Sono semplicemente le condizioni per accedere all’umano. La famiglia infatti vive quotidianamente di queste due condizioni. La famiglia regge ed educa i figli solo così: insegnando il servizio e praticando la sostituzione vicaria (fare quello che altri trascurano di fare). La regola della vita è la mortificazione dell’Io e l’immersione nel Noi (fino a rimediare gli errori e le inadempienze degli altri). Questo s’impara nell’amore coniugale e famigliare.
In famiglia tutto questo avviene, in un certo senso, naturalmente. C’è un legame naturale che è la base dell’umana. Nella società (e nella chiesa) la natura non è più sufficiente. Ci vuole la grazia. Ciò che non viene più dalla natura, può venire da Dio.
Così infatti riassumeva la tradizione della dottrina cristiana: la Grazia perfeziona la natura.

 




TITOLO del Commento:


COMMENTO: