Fare silenzio
Nella domenica immediatamente prima del Natale, Matteo racconta, con la sobrietà e l’essenzialità di ogni pagina evangelica, come avvenne la nascita di Gesù. Il testo, un capolavoro di povertà letteraria, dice però almeno altre due cose importanti, oltre le parole scritte. Con sorpresa si può notare nell’intera narrazione dell’infanzia di Gesù, secondo Matteo, Maria e Giuseppe sono sempre silenti. Maria è presente in tutte le scene dell’infanzia ma non dice una parola e non compie un gesto. È sempre come in ombra, per non togliere nulla al Figlio. Non occupa mai il posto centrale. La sua posizione è accanto a Gesù, condividendone la situazione e il destino, il rifiuto e l’accoglienza. Maria è infatti il modello del discepolo evangelico: essere al seguito, stare dietro (“Vai dietro a me! Disse un giorno Gesù a Pietro), non anteporre nulla alla centralità di Cristo (“Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me). Giuseppe si dà da fare, con la delicatezza di non diffamare Maria. Tuttavia neppure Giuseppe pronuncia parole. È l’obbediente, non il protagonista. La sua grandezza sta tutta, e soltanto, nel seguire le deboli indicazioni apparse in sogno. Tutto il suo fare è essere al servizio del bambino e di sua madre.
Una seconda cosa, ancor più importante, è il nome aggiuntivo con cui Gesù è chiamato: l’Emmanuele, il “Dio con noi”. Nome misterioso indicato dal profeta Isaia, eco della rivelazione a Mosè nella visione del roveto: “Io sono colui che (ci) sono”. O, nella versione di Isaia “Eccomi qua”.
Il nome di Dio è “Eccomi qua”. Un nome semplice e consolante. Dio, l’infinito che l’universo non può contenere, nel Natale è uscito dalla sua lontananza e dalla sua invisibilità. Si è fatto raggiungibile, visibile e concreto. Venuto in forma umana, il Figlio di Dio vuole che si continui a cercarlo nelle forme umane della vita nostra e di tutta l’umanità. Da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, non è più possibile un’altra ricerca di Dio, perché Dio non soltanto si è fatto uomo, ma è rimasto fra gli uomini. Non si tratta però solo di una direzione orizzontale: una pratica di solidarietà e di simpatia, ma anche di una direzione verticale: “Dio si è fatto come noi, per farci come lui”. Verticale e orizzontale si congiungono nella croce che ci salva.
Stare lì “senza parole” è l’unica possibilità di dire. Il grande silenzio dopo la Comunione è questo tempo di emozionante intensità. L’assenza di ogni voce e di ogni suono esprime, in quel momento, la massima comunicazione con Dio e tra i fratelli.
A Maria e Giuseppe hanno parlato gli angeli proprio quando non avevano parole da dire ed è venuto il Natale.