“Il Signore è al mio fianco"


La fede è il più grande aiuto che abbiamo per vivere ma, al tempo stesso, avere fede in Gesù e agire di conseguenza rende la vita più difficile. Si cammina per la sua medesima strada. Gesù ha sperimentato continuamente l'opposizione del suo popolo e spesso anche l'incomprensione dei suoi. Ha vissuto momenti di totale solitudine, ha pianto sulla sua città, si è indignato osservando come era trattata la casa di Dio. Ha vissuto e praticato sempre l’amore, l’amicizia, la fraternità verso tutti. Eppure era continuamente criticato e osteggiato dalla persone di potere. Aveva tanti nemici
La sua parola e la sua azione, infatti, contestavano i valori contrari alla giustizia e all’amore. Il vangelo espone fatalmente all'avversione e persino alla persecuzione. Fare il bene è una missione pericolosa. In un mondo avido e perverso il giusto è un estraneo e disturba. Che pensa solo a sé, chi fa i suoi comodi sembra apparentemente più tranquillo. In realtà la sua vita è vuota di senso, è chiusa in sé. Conoscerà dei piaceri ma non la felicità
Il discepolo ha lo stesso destino del maestro: percorrere una strada stretta, a volte buia. Geremia ha sperimentato la persecuzione e la minaccia per la sua incolumità. Gesù è stato tradito e crocefisso. Condividiamo la vita, condividiamo la preghiera. “Padre, se possibile, risparmiami la morte”. E noi abbiamo pregato con il salmo: “Nel tuo grande amore rispondimi, o Dio”. Erano le stesse parole della preghiera di Gesù, nei tempi drammatici della sua vita.
Con decisione oggi la sua parola ci incoraggia: "Non temete gli uomini”. Il suo messaggio disarma ogni violenza: “Non resistere al malvagio”, “Porgi l’altra guancia”. Basta la dignità di persone libere (perché figli nel Figlio): “Non abbiate paura, voi valete”.
La sua pace però è stata inamovibile. Nei discorsi d’addio dell’ultima cena questa medesima pace è partecipata ai discepoli. Quel momento era drammatica, prossimo era il tradimento, vicinissima la morte cruenta. Eppure Gesù è gioioso: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Non è una serenità facile, provvisoria, mondana: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”. Di questo dono c’è un segno distintivo: libera dal turbamento, scaccia la paura: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14,27). Prova della fede è la liberazione dalla paura e dal turbamento.
La forza di questa gioia è contagiosa: “Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti” (Rom 12,18). Instaura la fiducia ma anche la supera.
La fiducia, infatti, è un bene fragile e rischioso che ha sempre bisogno di prove e può essere persa d’improvviso. La speranza, invece, è sicura e inamovibile, è “fiducia nella fiducia”, il suo orizzonte trascendente. La fiducia suggerisce al bambino di dire alla mamma: “Se tu mi stai vicino, io non ho più paura”; la speranza non pone condizioni: “Qualunque cosa mi possa accadere, io so di essere al sicuro”. La base di questa speranza non può che essere religiosa; i riti che la celebrano e la producono sono la preghiera e l’invocazione.
La sicurezza della vita viene dalla certezza che, come ci ricorda s. Paolo oggi, la grazia di Dio vale “molto di più” di tutte le nostre fatiche.
Nella misteriosa sicurezza della fede la fiducia è totale perché è Amore. Nessuna notte può più fare paura. “Il Signore è al mio fianco. Ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori” ci rassicura la preghiera del salmo.

 




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