Commuoversi e agire
Il vangelo oggi descrive un momento d’intimità di Gesù con gli apostoli dopo che li ha mandati in missione. “Venite in disparte, con me, in un luogo solitario, e riposatevi un po'”.
Portandoli in disparte con sé Gesù fa capire che c’è un tempo per agire e un tempo per ritemprare le forze e ritrovare i motivi del fare. Il mondo è pieno di drammi, come la Palestina di quel tempo: vedove che hanno bisogno di sostegno sociale, lebbrosi che gridano la loro disperazione, ammalati senza speranza. Gesù, dopo averli inviati in quel mondo, ora li conduce in un “luogo deserto”, quasi a perdere tempo. Ma come sempre nella bibbia, il deserto è per parlare al cuore. Non è solo un’occasione per riprendere fiato, è molto di più: vivere il settimo giorno della creazione, quando Dio vide che tutto era bello e si riposò. La vera terra promessa non è un luogo, ma un tempo con il Signore per dare respiro all’anima, per essere riempiti della sua Presenza, per non perdere la stella polare , il riferimento sicuro in un mare oscuro e implacabile. E poi dopo ritornare nella grande folla, ma portando con sé una ripresa di forza che solo Dio può concedere.
Partito con i suoi per un luogo di pace e di silenzio, Gesù si ritrova, invece, tra una folla che lo attornia da ogni parte. “Sbarcando, vide molta folla ed ebbe compassione di loro”.
Il racconto che Gesù aveva ascoltato dagli apostoli, ora è lì davanti a lui. Lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimenti, la fatica di vivere. E si commuove, perché per Lui guardare e amare sono la stessa cosa: “Ubi amor ibi oulus” Si vede per l’intensità dell’amore. Così i Dodici, partiti per restare soli e riposare, imparano ancora ad essere a disposizione, sempre. Imparano dal modo con cui Gesù ha reagito di fronte a questa situazione imprevista: si è commosso, semplicemente. Gesù dice: prenditi del tempo. Ma subito aggiunge: ma il tuo tempo non è t’appartiene: è destinato alla commozione per l’uomo, alla compassione.
Quando impari la compassione, neanche la vita non ti appartiene più.
La prima cosa che i discepoli imparano da Gesù è quella di commuoversi.
La metafora offerta da Gesù era immediatamente comprensibile.
Che cosa rischiano le pecore se il pastore non c’è?
Rischiano di smarrirsi e questi animali non sono fatti per vivere in solitario. Hanno bisogno del gregge, che ha bisogno del pastore. Come avviene nella fede: non illuderti di avere Dio per Padre se non hai la chiesa per madre. Così i primi cristiani hanno tradotto l’insegnamento del maestro.
Rischiano di non trovare pascolo. Il pastore vede più lontano delle pecore e sa condurle dove c’è nutrimento. Che cos’è il vero alimento, secondo Gesù? “Il mio cibo è fare la volontà del Padre”. La volontà di Dio secondo la bibbia è la giustizia. Non arriva a Dio la preghiera non accompagnata dalla pratica della giustizia. È opportuno lasciare all’altare l’offerta e prima correre a fare giustizia se di questo c’è bisogno.
Le pecore rischiano, infine, di essere assalite e uccise dai rapaci che popolano la notte. Il lato oscuro del mondo è pieno di rapaci e non c’è pace senza il Pastore, come suggerisce la stupenda pagina che oggi ci offre Paolo.
Commuoversi per correre verso il Pastore: è questa la salvezza del mondo.