Dio e Cesare


Rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio è diventato il principio ispiratore di tutta una storia che ha percorso duemila anni. Dio e Cesare, due signori non commensurabili e, nello stesso tempo, due riferimenti egualmente essenziali per l'ordinamento civile, fondato sul diritto e il Regno di Dio, dono della Grazia. Senza confusioni né separazioni. Cittadini e insieme credenti. Passione per la giustizia e sequela di Gesù. È la doppia fedeltà secondo la via evangelica.
Nei primi secoli si diventava cristiani nell’Impero romano che si estendeva al mondo conosciuto. Questo immenso potere era governato dalla forza e dalla religione. Roma non si pronunciava sui singoli culti. Tutti erano accetti purché tra le divinità comprendessero anche l’Imperatore e a lui esprimessero devozione. In caso contrario era la persecuzione fino alla morte. Nonostante questo, i cristiani non divennero né sovversivi né apolitici. Nelle case come nelle catacombe ogni giorno pregavano per l’imperatore e le autorità che li perseguitavano.
I potenti si possono invidiare o si possono combattere. I cristiani scelsero di pregare per loro, per il bene della gente, che ha bisogno dell’organizzazione civile. Davanti all’Onnipotente le potenze del mondo sbiadiscono e non fanno paura.
Rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio è diventato il principio ispiratore di tutta una storia che ha percorso duemila anni. Per essere giusti occorre non essere interessati solo ai vantaggi personali ma è necessario guardare la città dalla prospettiva del bene comune. Oggi non riusciamo a vedere dov’è la giustizia perché ci manca l’idea di bene comune, grande assente dalla civiltà dei consumi e finanza. Eppure, nessuno come nell’era contemporanea ha conosciuto i mali comuni: guerre mondiali, terrorismo, distruzione atomica, inquinamento, deterioramento del clima. Non abbiamo imparato la giustizia ed è passata la civiltà dell’interesse privato e dei mali comuni. Si ristabilisce la giustizia quando si agisce a favore dei bisognosi, degli sfortunati, degli oppressi. Lo gridavano i profeti: “Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso” (Is 1,16). Le esperienze religiose che dimenticano i poveri al punto da non vederli non sono fede ma idolatria. Si può diventare idolatri anche insieme ai poveri, ma non si segue il Dio biblico senza i poveri.
I modi di aiutare i poveri sono infiniti, come tali sono i loro volti. Nella nostra città abbiamo molte sollecitazioni. A una tradizione meritevole di opere di giustizia si dovranno oggi aggiungere oggi nuovi progetti, soprattutto a favore dei giovani, del loro presente scolastico e del loro futuro lavorativo. È giustizia anche la preparazione dei giovani alle nuove sfide del lavoro.

 




TITOLO del Commento:


COMMENTO: