Aprire la chiesa al mondo
Viviamo tempi difficili per la fede. Abbiamo perduto il sostegno di quegli orientamenti del costume e della cultura che accompagnavano le persone a elevarsi al di sopra della natura (che è lo stato tragico in cui vince la forza travolgente delle pulsioni). Non è più riconosciuto da tutti che l’umano sia più della chimica del suo organismo. Neppure la percezione e la definizione del corpo sono certe e sicure. All’analisi scientifica risultano solo organi, cellule, sinapsi, neurotrasmettitori.
Sembra non esista più un linguaggio con cui dire Dio. Il mondo stesso, anzi, è sempre più descritto e vissuto, senza cause e senza fini, frutto del caso e regolato dalla necessità.
L’annuncio della fede pare stroncata nel nascere dall’indifferenza di chi dice: “Senza Dio si vive lo stesso”. Questa disarmante constatazione, però, stabilisce le disposizioni, in un certo senso più idonee, nei confronti della fede. Il Dio cristiano, infatti, esige il linguaggio della gratuità, del dono, della grazia e si diffonde con la dinamica dell’incontro e dell’amore, più che con quello del convincimento e del proselitismo (ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo).
Matteo si premura di annotare che la fede di Pietro non viene da «sangue e carne», ma dal Padre. È dono. È solo la luce che viene da Dio che è in grado di far comprendere il mistero profondo di Gesù.
Il dono della fede introduce alla più grande beatitudine, quella dei poveri nello spirito. Essa riassume l’atteggiamento del credente: fede è affidarsi totalmente a Dio.
La storia della fede ha testimoniato lo splendore che ha raggiunto la santità delle donne e degli uomini che hanno pregato con fede: “Venga il tuo regno”. Non hanno solo implorato “Signore, Signore” (Mt 7,21 ) ma si sono dati da fare (Gv 6,27). Sono stati impazienti nel desiderio che il suo progetto diventasse assoluto ed effettivo: “Sia fatta la tua volontà”.
La difficoltà della trasmissione della fede deriva dalla crisi della comunicazione della speranza. Non si giunge alla fede mediante una dimostrazione razionale delle sue ragioni, ma attraverso la possibilità di far luce sulla storia concreta dell’umanità. Individuare le tracce della trascendenza, della venuta di Dio, coincide con il riconoscimento dei motivi di speranza, che si svelano nella libertà del suo dono. Il potere di aprire e chiudere, indicato dalla metafora delle chiavi, è il modo che la chiesa di Dio, fondata sulla roccia di Pietro, ha di portare la speranza nel mondo. Effettivamente quelle chiavi Pietro le userà di lì a poco, aprendo la chiesa ai pagani, trasformando la comunità cristiana ebraica in chiesa universale, cattolica.