Giustizia e misericordia


Messaggio originale del vangelo è la sintesi di giustizia e misericordia. Alla mente umana queste due dimensioni dell’agire umano appaiono subito inconciliabili, divise dal medesimo abisso che separa Dio dalla terra: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is. 55,9). Ma ora che il cielo si è fatto terra nella carne di Gesù non è più così. Giustizia e misericordia si richiamano reciprocamente perché la seconda è conseguenza della prima. È giusto essere misericordiosi; anzi la misericordia è la strada obbligata dalle giustizia. Troppo imprecisa la definizione antica secondo la quale giustizia è dare a ciascuno ciò gli appartiene. Se gli appartiene certo lo deve avere. L’amore stabilisce però un altro criterio: “Non c’è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra persone diseguali” (don Milani). Perché giustizia sia fatta chi ha di meno deve avere di più. Così si compie eguaglianza. Non avviene forse così anche nelle famiglie (quelle dove l’amore è reale)? Il figlio che ha di meno (per età, per sfortuna, per malattia…) riceve di più. I genitori anziani che dividono l’eredità fanno parti uguali anche se i figli possono aver contribuito in misure diverse al patrimonio della casa.
Una sintesi originale e attualissima di giustizia e misericordia è l’attuale ricerca a proposito dell’”Economia della speranza”. Non si era finora ancora approfondito adeguatamente il ruolo della speranza nell’economia. Viviamo tempi di evidente perdita di futuro. Si stanno diffondendo nel mondo globalizzato comportamenti inediti e preoccupanti per l’economia. Ci sono i freeters, i quali rifiutano un lavoro permanente, i neet che né studiano né lavorano, quelli che rifiutano le relazioni sociali…
La speranza non è un tema di discussione ma un impulso che apre il sistema e lo rinnova e ne spacca la chiusura. Speranza è l’intenso desiderio che una cosa diventi realtà, un desiderio di qualcosa che diventa vero con l’azione. La speranza non si siede ai bordi della storia aspettando che essa arrivi (come fa la fantasticheria) ma la persegue, la costruisce senza sosta. È una forma di energia che si attiva solo quando si lavora. È la volontà caparbia del “non ancora” che valorizza ciò che c’è “già”. La perdita di futuro deriva dall’apparente mancanza di alternative al capitalismo globale e al neoliberalismo.
Speranza invece fa conoscere cose nuove, in un circolo virtuoso: sperando si conosce, conoscendo si spera. Speranza è la volontà di abbracciare l’incerto e funziona come un metodo concreto per acquisire conoscenza in condizioni d’incertezza. La speranza è quindi una virtù civica perché produce bene comune e unisce la gente, attraverso un continuo, performante e interattivo lavoro di attivazione del conoscere pur ammettendo l’umana incapacità di conoscere e governate tutto il processo della complessità. Conoscendo speri e provi piacere (la libido sciendi) perché scopri che nulla ha più valore delle persone e più esse sono nel bisogno, più cadono le maschere e finisce l’ansia di prestazione e di valutazione.
La speranza fa andare avanti la storia perché fa la sintesi tra realismo e utopia.
La potenza storica della speranza è una giusta metafora del suo essere virtù teologale, secondo la fede del popolo cristiano, la cui determinazione nella chiesa delle origini ha resistito e superato il potere di Roma che si presentava come onnipotente e imbattibile.

 




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