Vera e falsa bellezza
Le cose più belle, più grandi o anche le più tragiche della nostra vita non si possono dire a parole. Ci prende dentro un’emozione forte e ci vengono le lacrime, non le parole. La fede appartiene alle cose belle e grandi della vita. Non ci sono quindi parole per spiegare la fede.
San Pietro dice che dobbiamo sempre essere pronti a dare ragione della speranza che abbiamo, delle cose in cui crediamo. Per questo nella catechesi e nei gruppi approfondiamo i contenuti della fede per avere le parole giuste a indicare ciò in cui crediamo. Le parole e i pensieri, tuttavia, non esauriranno mai la grandezza della fede.
Siamo tutti come Pietro, Giacomo e Giovanni: balbettiamo parole senza molto senso. Pietro, infatti, “non sapeva quello che diceva”. Non riesce fare altro che “balbettare” delle emozioni: “È bello stare qui!”. Vale anche per noi: se la fede è un’esperienza autentica di incontro, non potremo dire altro che: “È bello!” Nella bibbia, infatti, il lavoro dell’ingannatore, del menzognero (satana), consiste nel far apparire ‘bello’ quello che bello non è. La conversione consiste invece nell’imparare a distinguere il bello dal brutto, a non permettere che qualcuno ci inganni, sulla gravità del brutto e sul fascino del bello. Potremmo ancora dire che tutto quello che è bello nella nostra vita porta al divino. Più pratichiamo il bello autentico, più diventiamo “belle persone” e coltiviamo in noi il gusto del bello. La Chiesa è il luogo dove si educa al bello, soprattutto attraverso la liturgia.
La quaresima è un “tempo lungo” (necessario il nostro spirito pone sempre resistenze) per poter imparare a fissare la croce e riconoscervi il simbolo della bellezza, l’immagine trasfigurata del sublime.
Come può uomo, svergognato e sfigurato, a essere bello? Tutto ci ripugna di fronte a quella scena. Fascino della bellezza, in realtà è sempre l’amore. La croce è bella perché segno di un amore smisurato. È l’amore che ci fa belli! Non la pulsione, non il desiderio… Non c’è fascino vero nell’esteriorità.