La dolce ruvidezza di Gesù


C’è molta dolcezza in questa pagina del Vangelo. Gesù lascia totalmente liberi i suoi discepoli, non fa pressioni, non fa propaganda. Per Pietro sono evidenti le sue parole “di vita eterna”. Per Giuda è chiaro che Gesù pur conoscendolo bene lo tratterà da amico fino alla fine.
C’è però anche molta ruvidezza. “Se volete, potete andarvene anche voi...”
La gente osserva che le sue parole sono difficili e dure, ma il maestro non fa nulla per addolcirle: “Questo vi scandalizza?”. E rincara la dose: “La carne non giova a nulla...”. “Seguire la strada facile non porta che a perdersi”. Non ci sono scuse o mezze misure. Il problema è la fede: “alcuni tra voi non credono”. Questa è la realtà.
La dolce ruvidezza è lo stile di Gesù.
Tutti lo conoscono come il “maestro buono”. Il suo modo di muoversi tra la gente è inconfondibile: “mite e umile di cuore”. È sempre immerso nella vita del popolo: guarisce i malati, si mette a fianco dei poveri, mangia con i peccatori. Il suo sguardo trasmette amore. Il giovane ricco ne rimane profondamente colpito. Ma certi tratti della sua persona sono rividi. Non scende a compromessi: “Chi mi ha costituito giudice tra di voi?”. Rovescia i banchi dei cambiavalute, fa una sferza di cordicelle.
Capovolge le regole del marketing e del politicamente corretto. Anche le sue parole sono spesso ruvide, soprattutto con gli scribi e i farisei. Non risparmia neppure Pietro, quando il discepolo vuole mettersi davanti e ragiona come fanno tutti. Questa ruvidezza lo porta alla condanna a morte ma rimane coerente fino all’estremo.
La dolce ruvidezza è anche la regola dei discepoli, chiamati a essere sempre disponili alla missione e a non disperdersi mai in chiacchiera inutili o in attaccamenti di parte (“Per la strada non salutate nessuno”).
Dolce ruvidezza è ovunque strada di saggezza.
In famiglia: senza la dolcezza dell’affetto i figli non possono crescere all’umano. L’educazione però è sempre ruvidezza: l’affetto si piega alla verità, sempre scomoda. Certe parole che educano fanno piangere. Certe dolcezze senza disciplina viziano e distruggono.
In comunità: regola della fraternità, secondo Gesù, è la correzione fraterna. Una parrocchia tutto dolcezza (tra persone che si scelgono come simili) implode su di sé. Una comunità troppo rigida e senza affetto esplode e si disperde.
Nella società: i credenti, come insegnava Diogneto, vive e si disperde nel mondo nella condivisione di ogni sofferenza e di ogni gioia. Eppure non è mai del mondo? Si distingue per la sua ruvidezza divergente, quella che cerca di somigliare allo stile di Gesù. Così hanno sempre testimoniato i profeti, come Lorenzo Milani che combatteva a fianco del comunista Pipetta ma, anche, gli preannunciava che un giorno lui sarebbe andato più lontano e i loro percorsi si sarebbero divisi.
La dolce ruvidezza è sale e lievito, morte e risurrezione. Come l’eucaristia.

 




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