Natale, questione di fede
Un bambino, una madre e un padre, un ricovero di fortuna… il Natale del Figlio di Dio. Stupore che lascia senza parole.
Il Cristianesimo è davvero la religione più materialistica; Dio non abita il cielo, Dio viene sulla terra. Dio non va’ cercato in alto… lo si trova in basso.
Sono stravolti e superati tutti i nostri modi di pensare, le nostre contrapposizioni, anima-corpo, cielo-terra, alto-basso.
A Natale Dio diventa un bimbo: l’onnipotenza, la sapienza si fanno corpo.
Dio prende la materia di cui siamo fatti noi; a Natale la assume, nella Pasqua la trasfigura.
A Natale possiamo fare pace con noi stessi: anche le emozioni, i sentimenti, anche le pulsioni del corpo possono parlare il linguaggio di Dio.
La meraviglia di questo tempo liturgico sta in un Dio che sceglie di farsi bambino.
In questo modo il divino si trasmette a tutta l’umanità, coinvolge tutto l’umano, oltre i confini delle culture e delle religioni. La sapienza antica ha sempre considerato i bambini (i figli) il dono più bello della vita. Le cose più importanti della vita le impariamo dai bambini. Nell’infanzia, infatti, sono racchiusi, con un’evidenza particolare, i tratti essenziali dell’umano. I simboli dell’amore provengono tutti dalle esperienze fatte con i bambini e provenienti dalla nostra infanzia: sorridere, abbracciare, cullare, nutrire, proteggere. Nel neonato l’umano appare nella sua massima fragilità e vulnerabilità. La sua debolezza ci tocca e ci commuove. Risveglia la sensibilità e muove alla tenerezza. Sono le basi umane della pace. La violenza, che non si arresta davanti al bambino e lo travolge nella sua furia distruttiva, tocca il fondo dell’inumano. L’uccisione di un bambino ci fa sentire perduti.
Il bambino desiderato e generato dà significato alla vita. Il lavoro è importante, la carriera è bella, il denaro è indispensabile. Queste cose però appartengono al dominio dei mezzi. Se diventano fine, non danno felicità, riempiono d’inquietudine. Un bambino che nasce è invece uno scopo di vita.
«Onorate tutti, amate la fratellanza» (1Pt 2,17). Pietro chiede questo ai fedeli. La fratellanza, parola che viene dal Vangelo, sta alla base della visione cristiana dell’umanità. Lo ricordava anche il Concilio: «la Chiesa si rallegra dello spirito di vera fratellanza che fiorisce tra cristiani e non cristiani e dello sforzo d’intensificare i tentativi intesi a sollevare l’immane miseria» (GS 84). “Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso gli uomini che sono creati ad immagine di Dio” ci ricorda papa Francesco che ha anche proposto una Giornata mondiale della fratellanza umana da celebrarsi il 4 febbraio. Impegno per la giustizia e la trasformazione del mondo è costitutivo dell’evangelizzazione ed è il messaggio universale del Natale
Sono forse utopie, potremmo dirci, ma non era anche un’utopia pensare che il Natale di Betlemme duemila anni fa? questo Bambino, sua madre, Giuseppe, quei pastori, avrebbero sconvolto il mondo, avrebbero sconfitto Erode, Pilato e Cesare.
E’ solo questione di fede.