La bellezza della normalità


Con la solennità della Pentecoste abbiamo chiuso, domenica scorsa, il Tempo della Pasqua. Con la festa di oggi iniziamo il Tempo della normalità, tempo ugualmente importante.
Nella Quaresima e nella Pasqua, il nostro sguardo è stato rapito, preso e concentrato sulla sofferenza di Cristo, sul dono della sua vita per noi, sulla speranza che viene dalla nostra fede.
Con il tempo della “normalità” lo sguardo è rivolto alla vita concreta, cioè a come mettere in pratica le verità che ogni domenica professiamo e celebriamo.
La solennità di oggi ci vuole in qualche modo presentare il mistero e la bellezza di Dio, di Dio che è Uno e Tre.
Non si tratta ovviamente di una questione aritmetica, ma di un mistero di amore, eguaglianza di persone distinte, eppure formano una cosa sola. E’ importante capire come questa realtà modifica, cambia intensamente, la vita. La Trinità definisce la vita del cristiano che ogni giorno, con l’aiuto dello Spirito Santo cerca di diventare come Gesù Cristo, per dare gloria al Padre.
La stessa cosa si celebra nell’Eucaristia: nello Spirito Santo, si dà gloria al Padre, offrendogli il sacrificio di Cristo, suo Figlio.
Sono le verità che ci danno forza ed entusiasmo per vivere meglio la nostra vita quotidiana. Il nostro punto debole è piuttosto il fatto che le verità credute e proclamate non diventano vita, forse perché separiamo il tempo religioso dal tempo del mondo.
Gli sposi cristiani hanno il compito di essere “focolari di fede viva e irradiante”. È per questo motivo che il Concilio Vaticano II, usando un'antica espressione, chiama la famiglia “Ecclesia domestica – Chiesa domestica” (CCC 1656).
Il sacramento del matrimonio in Cristo, espresso dalle parole degli sposi e dal rito eucaristico, diventa “mistero grande” (Ef. 5,32) .
La qualifica di Gesù come “sposo” rivela le ragioni profonde della spiritualità coniugale, espresse bene dalle parole di Paolo: “Cristo ha amato la Chiesa fino a sacrificare la sua vita per lei .. egli l’ha voluta santa ed immacolata” (Ef. 5, 25-27). Il Signore Gesù è unito a ogni battezzato con un amore che ha le caratteristiche della passione umana: un amore unico (“per me”), totale (“ha dato se stesso”), fedele (“ha sacrificato la sua vita”). La spiritualità coniugale desume e verifica le conseguenze pratiche, per la vita quotidiana in famiglia, dell’amore divino trinitario, presente sacramentalmente negli sposi.
Nella chiesa domestica, l’amore non è solo annunciato ma è sperimentato nelle forme più immediate e concrete: ognuno è un volto amico, amato come unico, chiamato per nome. La chiesa familiare esprime quindi un aspetto cristiano fondamentale: è l’attestazione più evidente che Dio ama ogni persona da sempre e per sempre, che conosce nell’intimo ogni suo figlio, nella totalità della sua persona. Genitori e figli possono anche esprimere idee diverse e orientarsi nella singolarità delle vocazioni, ma le loro diversità sono unificate dall’amore comune in un’esperienza concreta e condivisa di valori.
Nella famiglia, che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Santa Trinità.
Grazie alle famiglie è resa credibile la bellezza del matrimonio appassionato e fedele.
Oggi, dalle 18 a Poirino, incontro sulla spiritualità agricola

 




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