La divinizzazione dell’uomo


Gesù è il modello dell’umanità riuscita, colui che ci insegna a vivere nel modo più autentico (Tt 2,12). Questo è avvenuto per i suoi discepoli, ma avviene ancora oggi per quanti conoscono Gesù, attraverso le parole e i fatti raccontati dal Vangelo.
Gesù non è venuto solo a «raccontarci» Dio ma anche a farci l’inestimabile dono della comunione con Lui. I Padri della Chiesa avevano chiara questa verità: «Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio» (Atanasio). La divinizzazione dell’uomo consiste nel lasciarci trasfigurare dalla Grazia, ammettendo sinceramente la nostra radicale incapacità di amare perché sia Lui a introdurci in quell’Amore che solo può dare gloria a Dio e che, in nessun modo, può venire da noi. La vita cristiana consiste innanzi tutto nel «lasciarsi fare», per poi «darci da fare» per continuare a rimanere in Lui (Gv 15,4.7), aprendoci alla comunione che santifica.
Si sta davanti al Signore come la pianta cerca i raggi del sole, come il fiore che nasce dalla luce.
Noi siamo solo un grumo scuro di terra. Ma il seme che il Signore ha posto in noi, può germogliare e, se ci orientiamo alla luce, la nostra vita ne rimane invasa. Il sole raggiunge il fiore fin nell’intimo delle sue radici e lo veste di bellezza e di profumo.
Noi non siamo luce e la vita non ce la possiamo dare da soli. Possiamo però diventare capaci di stare in attesa, possiamo amare il silenzio e la preghiera; possiamo essere, cioè, come il “fiore del campo”, insegnava Gesù.
Il segreto della vita è questo: aprirsi e lasciarsi invadere dalla luce; la potenza della fede è renderci capaci di nutrirci di luce.
La divinizzazione dell’uomo consiste nel lasciarci trasfigurare dalla Grazia, ammettendo sinceramente la nostra radicale incapacità di amare perché sia Lui a introdurci in quell’Amore che solo può dare gloria a Dio e che, in nessun modo, può venire da noi. La vita cristiana consiste innanzi tutto nel lasciarci fare (Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me), per poi darci da fare (Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto) per continuare a rimanere in Lui (Gv 15,4.7), aprendoci alla comunione che santifica.
A una condizione però, precisa Gesù: lasciarci potare: “Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”. È il Padre che ci pota, con la sua Parola (“per la parola che vi ho annunziato”. lasciarci fare, darci da fare, ma anche sapere cosa fare. Diversamente non produrremmo che foglie. La gloria del Padre invece è che “portiamo molto frutto”. Ci vuole figli felici.

 




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