"Salvaci dal nostro cinismo"


Impressiona molto la preghiera di questo papà che, pur essendo uno dei capi della sinagoga, si getta ai piedi di Gesù e lo implora con insistenza dicendo: «Ho mia figlia che è agli estremi, vieni subito! ». E’ un capo, ha potere e prestigio ma toccato nei suoi affetti si sente un miserevole. Così è anche per noi: quando ci sentiamo potenti e ci eleviamo sugli altri è solo perché non siamo toccati sul vivo (affetti, salute, stima...). La nostra vulnerabilità ci rende tutti ugualmente miseri e bisognosi. “vieni subito!” è la preghiera sincera della nostra precarietà.
Ci sono altri personaggi intorno a questo papà: alcuni semplicemente constatano che la bambina è morta e ritengono che non ci sia più nulla da fare: «E’ inutile che disturbi il maestro». Questo realismo che non vede nulla oltre a ciò che si constata rappresenta bene un condizione molto diffusa e presente in noi: limitarci alla materialità delle cose, non avere più sogni né desideri, appiattirsi sulla quotidianità di ciò che c’è, senza più alcuna attesa del “non ancora”. È la perdita della speranza, che è la forza della vita.
Poi c’è la folla numerosa di coloro che, come dice il vangelo, «facevano un gran trambusto: piangevano e urlavano». Un eco di questo inutile scompiglio lo vediamo nella chiacchiera e nel pettegolezzo con cui spesso reagiamo ai fatti, senza pensiero né profondità. Parlare a vanvera, dare giudizi senza ragioni, sparlare dell’uno e dell’altro è il nostro passatempo quotidiano. Siamo invogliati in questo pessimo costume, anche dalla parlata pubblica, dove non conta mai la verità ma cerca l’effetto istantaneo della parola che non segue alcun principio di coerenza e di obiettività.
Infine ci sono quelli che deridono il Maestro e si fanno beffe: «Che cosa pensi di fare? È morta e basta!» Questa ultima reazione ci ricorda il cinismo di oggi, davanti al dramma della disperazione e dell’abbandono. Nei nostri discorsi e nelle scelte che operiamo o che caldeggiamo stiamo diventando dei realisti spietati: senza sensibilità e senza cuore.
Gesù rivolge a questo papà unicamente questo messaggio: «Non avere paura. Devi solo avere fede». La fede è la vera alternativa al cinismo, alla chiacchiera, al realismo senza sogni né speranza.
La fede è la potenza dello Spirito che dà vigore alla parola e la rende azione: «Io ti dico, fanciulla, alzati!».
Lasciamoci guidare da comportamento di Gesù che insegna alla gente il percorso alla fede.
«Perché fate tanto strepito?». Gesù innanzitutto di contrastare rigorosamente il cinismo, di evitare la chiacchiera, di aprirsi all’azione di Dio. «Cacciò tutti fuori e prese con sé solo un piccolo gruppo di discepoli». Nei momenti più difficili della vita, nelle circostanze drammatiche della società, bisogna parlare di meno, riflettere di più per ritrovare la passione per il vero e il senso del giusto.
La comunità cristiana ha prima di tutto questo da offrire alla gente: tempi, spazi, opportunità di silenzio e di riflessione! Si dovrebbe dare una regola da seguire con scrupolo: che non si dicano cose a vanvera, che si diventi capaci di parole piene, che si producano gesti profetici: “Voi siete il sale della terra, siete la luce del mondo!”.
Poi Gesù prese con sé il padre e la madre. Chi lo ha chiamato, chi lo ha invocato è stato il papà, ma adesso però Gesù vuole anche la mamma: padre e madre insieme. C’è qui un’indicazione preziosa.
Viviamo tempi difficili e anche drammatici per l’educazione delle nuove generazioni: manca la speranza per il futuro, manca la voglia di affrontare con creatività e decisione il presente.
Il rinnovamento della nostra società, il riscatto di questo momento storico buio e incerto, può partire da una “nuova alleanza”, da una nuova possibilità d’incontro tra la donna e l’uomo all’interno della coppia e della famiglia. Solo questa intesa può generare l’educazione e con essa il futuro.
L’invocazione del padre del vangelo, vogliamo farla nostra. Genitori ed educatori abbiamo il compito di far crescere, ma ci accorgiamo di “essere agli estremi”, di stare come davanti a un baratro.

 




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