Chi era Gesù?
All’inizio del suo racconto, l’evangelista Marco vuole anticipare in sintesi il messaggio e la figura di Gesù. È la salvezza di Dio offerta a tutti, senza alcuna distinzione di facciata e, proprio perché donato a tutti, è offerto in abbondanza ai più poveri.
La salvezza di Dio è l’amore che opera come giustizia e si manifesta come affetto. L’amore di Dio che salva dalla sventura radicale che è la morte, ha la sua espressione fondativa nella creazione, la terra donata a tutti. A motivo di questa destinazione a un’umanità di figli egualmente amati, l’amore di Gesù predilige poveri e sventurati.
La figura sintetica della salvezza è tratteggiata da due qualità simboliche, due doni offerti a tutti: la liberazione dal male e riabilitazione della prossimità, il riscatto e l’inclusione. Nessuno è sottratto all’offerta della salvezza, “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza” (1Tim 2,4), “Dio non fa eccezione di persona (At. 10,34). Nessuno può essere esonerato dall’impegno della vita: il comandamento dell’amore, lievito nella pasta. Il mondo non deve essere abbandonato al suo destino ma salvato. La religione non può separarsi dal mondo in una sacralità che dimentica la carne. Dio vuole essere amato, non temuto e subìto. Il cristianesimo si è presentato fin dagli inizi come proposta di liberazione, più che come messaggio ascetico e religioso. Gesù si dichiara inviato a sanare i cuori affranti, a liberare gli oppressi, a dare la vista ai ciechi. Testimonia non solo con la parola liberatrice ma anche con i gesti del riscatto dalla malattia (il dono della salute) e dall’indigenza (il dono del pane), la possibilità di una salvezza e di un risanamento completi. La salvezza è tale solo se riguarda la persona nella sua integralità. Per rendere esplicito il suo evangelo, Gesù crea attorno a sé una nuova comunità che attesta questa possibilità e che, fin dall'inizio, lo ha invocato il Cristo come medico dei corpi e delle anime. Oggi, le nostre società sono molto esigenti di fronte della credibilità. La gente di Galilea ha visto Gesù come uno che è credibile. Gesù ha sempre detto ciò che pensava e fatto ciò che ha diceva. È una prima condizione di autenticità, di concordanza con se stessi. La seconda condizione consiste in un modo di affrontare le relazioni. La Regola d’oro ci aiuta a comprenderla: tutto ciò che vorrete sia fatto a voi, fatelo agli altri. È un atteggiamento molto specifico, originale, che Gesù ha vissuto fino in fondo: una capacità di mettersi al posto degli altri con compassione e "simpatia" senza lasciare il proprio posto.
Lo stupore è il contrassegno di una presenza sorprendente, la quale appare però essenziale per comprendere il senso dell’esperienza (umana, emozionale, liturgica...) che si sta compiendo. Un’esperienza sorprende quando manifesta un appello che invita a procedere oltre. La vita acquista senso grazie a questa anticipazione che apre il cammino o, dicendolo con il linguaggio cristiano, la vita umana è possibile solo in forza della grazia.
Il primo annuncio non comincia, per questo, subito con le parole. Neppure Gesù insegnava cominciando dalle parole: la sua predicazione avveniva con “fatti e parole” e i gesti avevano sempre come conseguenza la meraviglia e lo stupore (della guarigione, della parola performativa, del fascino dell’incontro, del miracolo dell’abbondanza). Nella diffusione del Vangelo, la meraviglia svolse un ruolo fondamentale per il nuovo genere di vita che i cristiani realizzarono, per la simpatia che godevano da parte dei pagani (At. 4,4).