Onora il padre e la madre


Gli otto giorni che seguono il Natale servono a dilatare nel tempo una gioia che è incontenibile. Essi culminano nella solennità della Santa Madre di Dio, la festa mariana più antica ed importante. I cristiani vogliono imparare ad avere il suo stesso atteggiamento: vedere e ascoltare ogni cosa, serbare tutto nel cuore per poter comprendere il tempo presente e preparare il futuro, nel segno della pace e della virtù della povertà evangelica.
Il canto del Te Deum, un solenne ed antico inno di ringraziamento, nell’ultima sera dell’anno, è un’occasione speciale nella quale il cristiano ringrazia Dio a motivo delle benedizioni che da lui ha ricevuto. Questa tradizione va alimentata perché continui ad essere sentita da tutti i fedeli.
La crisi drammatica delle relazioni familiari è una crisi del processo di umanizzazione della vita, è una conseguenza della corruzione del codice dell’amore. Nell’educazione familiare, l’immane sforzo richiesto ai genitori li porta spesso a domandarsi: “E’ ancora possibile educare?”. La cultura sembra impotente nel fornire risposte.
L’educazione è una delle costanti preoccupazioni delle famiglie. Non si cresce alla dimensione umana e alla statura del credente senza di essa. Tutti lo sanno. Oggi sta maturando una consapevolezza nuova di questa responsabilità. Le difficoltà tuttavia sembrano insormontabili.
Nella vita cristiana, come nelle culture antiche o moderne, il bambino comincia a “esistere” nel riconoscimento della sua unicità e dei suoi diritti, quando riceve il nome. Quando Gesù afferma che i nomi dei discepoli “sono scritti in cielo” (Lc. 10,20), intende dire che essi sono entrati nella nuova realtà del Regno, la fede. Nella Bibbia il nome indica la natura della persona, il suo valore unico e irripetibile, la sua vocazione. E’ Dio che “fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome” (Is. 49,1). E’ Dio che lo ha “scolpito sulle palme delle [sue] mani” (Isaia 49,15). Per questo ogni creatura è unica e indispensabile ai suoi occhi, perché è sempre degna di stima e di amore (Is. 43,4).
Non solo il nome, ma anche l’educazione è indisgiungibile dalla fede. Non esiste educazione, secondo le parole del rito battesimale, che non sia anche educazione nella fede. L’educazione presuppone, infatti, obbedienza ma questa non è interpretata come pura conformità ai voleri degli adulti, ma come adesione a un ordine di cose ritenute buone e giuste. Diversamente, come potrebbero i figli liberarsi dal sospetto che le indicazioni dei genitori siano solo conseguenza delle loro manie o proiezione dei loro desideri?
Il comandamento di Dio: “Onora il padre e la madre” comporta molto di più della semplice adesione alle loro indicazioni. Significa, infatti: “Considera tuo padre e tua madre le persone che Dio ti ha messo accanto perché tu possa riconoscere di essere una creatura”. L’obbedienza, in realtà, è resa a Dio. Possono sorgere, infatti, situazioni in cui non è giusto obbedire agli uomini, come risposte Pietro: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At. 5,29).
Senza il riferimento a un orizzonte simbolico condiviso, l’obbedienza è vissuta come adeguamento e il comando come sottomissione. La secolarizzazione, operata dalla modernità, ha oscurato e anche negato questo legame simbolico: ha laicizzato l’educazione. Si è così scavato un vuoto profondo. Si è aperta una crisi inedita dell’autorevolezza e della legittimità del compito genitoriale. Viviamo il tempo del pieno compimento dell’annunciata morte di Dio: l’educazione è totalmente sganciata dalla fede. Senza Dio, però, il mondo non ha più il suo ordine e il suo senso. Senza Dio non c’è possibilità di orientare la virtù dell’obbedienza a un orizzonte trascendente ma solo a un adeguamento relativo e provvisorio.
L’umanizzazione, fondata sulla virtù dell’obbedienza, può essere invece intesa e vissuta come la massima espressione dell’amore.
La divina famiglia di Nazareth vive pienamente inserita nelle tradizioni del popolo giudaico. I genitori di Gesù seguono la Legge e si recano al tempio per il rito della purificazione. La presentazione di Gesù è al Padre. A Lui egli si consacra: Samuele e Anna nei loro gesti e nelle parole simboleggiano il mistero pasquale.

 




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